Cleopatra, Maria e Ipazia: nomi di donne celebri del passato, la cui storia si associa (anche) all’alchimia, quella conoscenza antica – troppo spesso considerata materia esclusiva degli uomini – che osserva la natura per carpirne i segreti. Trasformare metalli comuni in nobili, trovare la panacea – la medicina capace di curare tutte le malattie – erano tra gli obiettivi di questa disciplina. Al suo interno si fondono le prime nozioni di chimica, astrologia, metallurgia, medicina, filosofia, magia ed esoterismo e da questa raffinata sapienza nascerà la chimica moderna. Diverse donne legano la propria vicenda ai misteri dell’arte alchemica, e se anche le tracce del loro lavoro sono poco conosciute, una cosa è certa: il loro contributo è stato tutt’altro che irrilevante.
Nei periodi storici dove le condizioni sociali, economiche e religiose lo hanno reso possibile, le donne si sono avvicinate alla discipline scientifiche e filosofiche, diventando erboriste, esperte in scienza medica e alchimiste. Una delle prime figure – forse la più conosciuta del passato – è quella di Maria La Profetissa, detta anche Maria L’Ebrea, di cui non si hanno notizie certe rispetto luogo e data di nascita (si ipotizza sia vissuta tra il I e il III secolo d.C., probabilmente ad Alessandria d’Egitto), ma che viene citata in numerosi testi di scienza alchemica, comparendo come una delle grandi menti dell’antichità. È a lei che si deve – tra le altre scoperte – la celebre cottura “a bagno maria” (per l’appunto balneum mariae) oltre a diversi metodi di distillazione e sublimazione delle sostanze.
Sempre appartenente alla cultura antica, sono state associate all’alchimia personalità come la regina Cleopatra e Ipazia, donne di estrazione sociale alta che si interessavano di scienza e filosofia e che, secondo alcune fonti, erano pratiche anche di alchimia. Ma con l’avvento del Medioevo, la vita per le donne che si applicavano in tali pratiche diventa praticamente impossibile: il rischio di essere tacciate di stregoneria è altissimo e il loro sapere viene condannato come opera del diavolo. Bisogna attendere il Rinascimento per scovare nuove alchimiste tra le donne aristocratiche che avevano accesso a un’educazione e potevano tramandare il loro sapere alle generazioni successive: uno dei nomi più famosi è quello di Caterina Sforza – contessa di Forlì, nipote di Ludovico il Moro e nonna di Cosimo I de’ Medici – che ha collezionato le sue ricette di salute e bellezza nei suoi Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì, frutto degli studi in erboristeria, medicina e pratica alchemica. Segue la figura di un’altra donna d’eccezione per la sua epoca, Cristina di Svezia, la regina che dà scandalo per la rinuncia al trono, la scelta di non sposarsi e la passione per la cultura, per poi giungere a Mary Ann Atwood, alchimista inglese che lasciato diversi testi sull’alchimia.
Il sapere alchemico femminile si è dunque tramandato nei secoli silenziosamente e senza destare particolare interesse rispetto a quello maschile, ed è rimasto vivo, passando di donna in donna – dalle più conosciute a quelle che non avranno mai un nome – fino ad arrivare a cavallo tra ottocento e novecento, tempo in cui questa disciplina si è trasformata e smembrata in altri saperi, diventando una cultura di carattere mitico e spesso considerata di secondaria importanza. Oggi non si parla più di alchimia ma della sapienza e capacità femminili applicate nelle diverse discipline scientifiche; ma ancora rimane intatto il fascino nei confronti di questo sapere che attraversa magia e scienza.