C’è un momento molto preciso che segna la vita di tutte le donne: l’arrivo delle mestruazioni. Questo evento rimane inevitabilmente impresso nella nostra memoria come il grande spartiacque tra l’essere bambine e cominciare a diventare delle donne. E confrontandoci con le storie delle nostre mamme, nonne, zie e amiche, probabilmente ci siam fatte un’idea di quale sia stata l’evoluzione del modo in cui ci rapportiamo alle mestruazioni: se oggi possiamo parlarne con più libertà e avere a disposizione diversi dispositivi sanitari, una volta non affatto così. Cosa è cambiato nel tempo?
Innanzitutto bisogna dire che il ciclo delle donne, nell’antichità, non era come il nostro, ma molto più irregolare – per fattori come le abitudini alimentari e lo stile di vita. Era un evento senz’altro meno di frequente di quello cui siamo abituate noi oggi ed era considerato un vero e proprio tabù. Detto ciò, andando indietro nel tempo si scopre che, per far fronte alle perdite di sangue, nell’antichità le donne hanno utilizzato diversi materiali come tamponi interni: papiro inumidito, garze, lana e pelli animali. Un cambiamento arriva con l’epoca romana, in cui si usano bende di lana da attaccare a cinture, mentre in tempi medioevali la situazione cambia ulteriormente: le donne non hanno vita facile e durante il ciclo ancora meno. Simbolo dell’impurità del sesso femminile (allora, come in molte culture ancora oggi), le mestruazioni obbligano le donne a nascondersi e a trovare nuovi metodi per far fronte alle perdite di sangue. Le più facoltose utilizzano dei pantaloncini simili alle nostre culotte, mentre le altre si accontentano di una specie particolare muschio dalla grande azione assorbente. Le cose rimangono più o meno invariate fino a fine Ottocento, quando in Germania e negli Stati Uniti appaiono i primi “assorbenti”, ovvero degli stralci di tessuto fatti in casa da agganciare alla biancheria con spille da balia (e da lavare di volta in volta). Ma l’intuizione per gli assorbenti come li conosciamo noi arriva da alcune infermiere che scoprono, durante la Prima Guerra Mondiale, le qualità di un tessuto diverso dal semplice cotone. Ne ritagliano delle strisce per utilizzarle durante il ciclo, fermandole a una cintura con le spille da balia. Questa intuizione inaugura, negli anni ’20 e ’30, la sperimentazione di nuovi tessuti assorbenti, mentre parallelamente nascono i primi tamponi interni e i brevetti delle coppette mestruali (che però non riscuoteranno un grande successo). È soltanto negli anni ’70 che si assiste a una vera rivoluzione, ovvero la striscia adesiva dell’assorbente e l’idea del dispositivo usa e getta, che libera le donne dall’obbligo di lavare in continuazione i tessuti per le mestruazioni. Con gli anni a venire, si comincia anche a infrangere il tabù attorno alle mestruazioni: compaiono le prime pubblicità e si cerca di abbattere i tanti pregiudizi che ancora vi gravitano attorno. Arrivano poi innovazioni come l’applicatore in plastica per gli assorbenti interni e le ali per quello esterno (inventate negli anni ’90). Ultimamente, è tornata in auge la coppetta mestruale (rimasta nel dimenticatoio per lungo tempo), e si è anche ampliato il dibattito sulle necessità delle donne dovute al ciclo – dall’assistenza psicologica legata alle forme gravi di sindrome premestruale, al costo degli assorbenti. Pur con tempi lunghi, lo sviluppo del modo con cui la società si rapporta al ciclo sembra andare di pari passo al rispetto che riconosce nei confronti delle donne.