Ha attraversato la storia dell’arte rimanendo impresso sulle tele più famose di sempre – ma è anche stato oggetto d’interesse per artisti, alchimisti, regnanti e religiosi. È difficile rimanere impassibili di fronte all’arancione: simbolo di energia, saggezza ed equilibrio, è un colore che attraverso i secoli si è dimostrato estremamente versatile nell’assumere diversi significati: ancor prima di avere un nome proprio – dovuto al frutto dell’arancia, grazie a cui ha guadagnato la sua autonomia rispetto al giallo e al rosso, cui veniva spesso associato – l’arancione ha rappresentato l’armonia, il piacere, la creatività; è stato simbolo di casate reali, religioni e stati, e se nella nostra cultura viene impiegato anche come avviso di pericolo (è usato per la segnaletica, essendo in perfetto contrasto con l’azzurro del cielo) diverse tradizioni l’hanno reso il simbolo della spiritualità e dell’equilibrio.
Posizionandosi tra rosso e giallo nello spettro dei colori, l’arancione viene spesso associato alla salute del corpo e, in particolare, a tutte le funzioni che concernono l’assorbimento dei cibi. Nella tradizione dello yoga è il colore del secondo chakra, detto chakra sacrale, posto nel basso ventre, ed è legato al piacere fisico e mentale, al cibo e alla creatività – oltre a essere un centro emotivo molto importante. In cromoterapia, l’arancione viene utilizzato per stimolarci a essere più ottimisti, pensare positivamente e riprendere contatto con la parte di sé più estroversa e spontanea.
Nell’antichità, diverse culture hanno associato all’arancione significati importanti: nella tradizione di Cina e il Giappone l’arancione ha sempre avuto il significato di buon augurio e prosperità, essendo legato al frutto dell’arancia che veniva offerto alle divinità come buon auspicio. Nell’antica Roma, le donne utilizzavano vesti arancioni durante la celebrazione del matrimonio, mentre in Egitto era utilizzato come colore per dipingere le tombe.
E se si sbircia nella storia dell’arte, si scopre che l’arancione ha una storia decisamente peculiare. Inizialmente veniva tratto dal solfuro di arsenico, minerale tossico che nel Medioevo gli alchimisti pensavano potesse avere un ruolo cruciale nella creazione della pietra filosofale. Poi, si è ricorsi allo zafferano proveniente dall’oriente – dove l’arancione era un colore fortemente legato alla religione; nell’induismo simboleggia la rinuncia ai beni materiali e l’ascetismo, nel buddismo l’illuminazione della fede mentre per il confucianesimo è il colore della trasformazione. Con il passare del tempo, oltre a rendersi indipendente dal rosso e al giallo (con l’introduzione del suo nome grazie al frutto) l’arancione acquista sempre maggior spazio e dignità come colore nella storia dell’arte e non solo: la casata dei d’Orange ne ha fatto (l’inevitabile) colore della propria famiglia mentre il celebre liutaio Stradivari ha composto una vernice dalla formulazione misteriosa, che dava ai suoi violini il caratteristico colore bruno/arancione dai riflessi ambrati. Con l’avvento del primo pigmento sintetico creato agli inizi dell’Ottocento, l’arancione diventa il colore dei grandi artisti: gli Impressionisti lo amano, Van Gogh dice: “non esiste blu senza giallo e senza arancione“, è tra i colori preferiti di Toulouse-Lautrec e viene utilizzato da Edvard Munch assieme al rosso per colorare il cielo de L’urlo.
L’arancione, che racchiude in sé la potente passionalità del rosso e la saggezza illuminate del giallo, è un colore che, in qualunque modo si utilizzi, cattura la nostra attenzione e ci lascia difficilmente indifferenti. Dopo tutto, basta guardare un tramonto per rendersene conto.